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Girls Like Us

It’s hard for girls like us
We don’t know who we trust
Not even the ones we love
Cause they don’t know

Adoro questa canzone di Zoe Wees, adoro il tema trattato, che riguarda tutte le donne, ma proprio tutte. Almeno tutte le donne che conosco.

Ho la fortuna di avere tante amiche sincere, alcune delle quali sono amicizie che durano dall’infanzia. Amiche che possiamo definire piuttosto “normali”, nel senso che sono persone intelligenti, più o meno oggettivamente belle, ma estremamente semplici nel loro modo unico, originale e talvolta folle, di essere ⓢⓞⓡⓡⓘⓢⓞ

Le ho osservate spesso, specialmente quando siamo a cena tutte insieme, ognuna ha il proprio ruolo all’interno del gruppo, saprei anticipare le mosse e talvolta anche le battute. I silenzi, gli sguardi che ci si scambia le une con le altre. Questa semplicità è frutto dell’essere se stesse, nessuna ha bisogno di mascherare le proprie insicurezze, anzi, conosco i complessi di ciascuna alla perfezione.

Con la compagnia del “circo” quest’estate ho assistito ad un esercizio molto intenso, mi sono ripromessa che appena organizzerò il prossimo gruppo di future sposine da portare in una location da sogno in preparazione del matrimonio, sarà una delle prime esperienze che vivremo. Si tratta di rappresentare con il proprio corpo, la voce e i gesti, la caratteristica di se stesse che si ritiene essere il proprio punto di forza. Io ero indecisa tra il mio sorriso e i miei capelli. Anche le mie mani però 😎

Meglio abbondare, non c’è limite al valorizzare i propri punti di forza.

Ho trascorso anni e ancora ora mi succede alcune volte, di vedermi dall’esterno con il mio difetto esasperato, pensando che gli altri riescano a vedere solo quello di me. Non ci sarà sempre qualcuno a dirmi che sono bella anche con le mie occhiaie, non ci sarà sempre qualcuno a dirmi che sto invecchiando bene, che sono brava, intelligente o capace. Non deve esserci qualcuno a dirmelo, perché ora lo so, ma è stato un lungo e tortuoso percorso e non importa quanto io sia bella oggettivamente, sono le ferite che abbiamo dentro che ci imbruttiscono e ci fanno sentire estremamente goffe.

Una volta la mia bambina, Celeste, mi ha chiesto: “Mamma ma se dico troppo spesso che sono brava significa che sono saputella?”. Le ho chiesto chi le avesse insegnato questo termine: “Saputella”, una bambina saputella è una bambina estremamente intelligente e curiosa, che si fa molte domande e cerca altrettante risposte. E’ anche l’attimo preciso in cui l’autostima di una bambina sta per essere minata, per lasciare spazio alla bassa autostima che caratterizza la maggior parte dell’universo femminile (anche maschile, per carità). C’è sempre un momento nell’infanzia di un bambino, in cui un adulto gli tarpa le ali, anima innocente, venuta al mondo con tutte le intenzioni e i presupposti per trovare dentro di sé la forza per affrontare le avversità e sapere autoalimentare la stima di sé. Sembra assurdo, ma se torniamo indietro con la nostra memoria, ciascuna di noi scavando dentro sé, troverà un ricordo o più di uno, responsabile dei blocchi che ci sono giunti sino all’età adulta.

E’ di quelle ferite che dobbiamo prenderci cura, su quelle ferite dobbiamo lavorare, non ignorarle ma imparare ad amarle, perché sono loro ad averci rese chi siamo ora, e che ci piaccia o no il passato non si può modificare, ma il modo di viverci nel presente e nel futuro, si, quello lo stiamo costruendo in questo momento.

Sogni colmi d’Amore per ognuna di noi

Alexandra

Questo è l’inizio del tuo viaggio straordinario, unico e indimenticabile.
Un viaggio che parte da Te e dai tuoi Sogni e giunge alla loro realizzazione… 
Io ti accompagnerò in questo tuo percorso di autoconsapevolezza e realizzazione.
      It’s already Yours” – The Universe
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